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Estratto da: LA REPUBBLICA - Firenze-
FRANCESCA BRESCHI-COSÌ FACCIO CANTARE GLI ANGELI-
Francesca Breschi è una delle voci più vive della musica italiana d'oggi
23/12/2008   Fluvio Paloscia
Tutto è iniziato con Heiner Müller, Materiali per Medea a Milano, con il Teatro dell’Elfo e Elio de Capitani. Francesca Breschi, cantante colta e dotata che ha fatto della libertà intellettuale una questione di stile raffinatissimo, ha partecipato a quello spettacolo lasciandosi travolgere “dalla scrittura di Müller, che stratifica i contenuti più diversi. In questo viaggio nelle ispirazioni e nei pensieri di un drammaturgo poco frequentato da noi, ma nel resto d’Europa è un autentico classico, mi sono imbattuta in un testo, L’angelo senza fortuna, che ha avuto due redazioni: nel 1958 e nel 1989, Insieme, disegnano la figura potente, inquieta, no slavifica di una creatura altra né abbsanza dio, né abbastanza uomo: nelle sacre scritture ha raccontato una storia che abbiamo ascoltato; adesso, la usa voce, tace”. In Anghelos, Cap. I, L’angelo senza fortuna, di cui la Breschi è autrice e interprete, l’artista fiorentina cerca di dare risposte alle domande afone dell’angelo, a quelle senza risposte di Müller. O di lei stessa: “La seconda redazione del testo coincide con la caduta del muro di Berlino. A cosa è servito quell’evento. Cosa ha lasciato in noi? Cosa è cambiato davvero? E cosa è la storia?”. Il finale è aperto. E aperta è la costruzione della pièce, che cita anche Le elegie duinesi di Rilke, Benjamin (Angelus Novus), il Wenders del Cielo sopra Berlino, e Angels in America di Tony Kushner, così come vari e articolati sono i materiali musicali (dagli antichi modi della Chiesa Giacobita e Greca ai madrigali di Gesualdo fino alla forma canzone) tutti chiamati ad interagire con i live electronics di Andrea Ferrara e la voce, registrata, di De Capitani. Una molteplicità di materiali sorretti da una ricerca sul suono prima del suono: “ Nel De Vulgari Eloquentia, Dante scrive che gli angeli non parlano nessun linguaggio, ma comunicano tra di loro in altri modi. A questa bolla di silenzio viene strappato l’Angelo senza fortuna. Gli verrà data la possibilità di parlare, ma tornerà ad essere muto, prigioniero dell’ingorgo della Storia”. Alto e basso, colto e popolare: tutto questo è presente nelle corde vocali e nella creatività di Francesca Breschi il cui percorso artistico va dalla musica medievale ai Litfiba e agli Area passando per Monteverdi, il flamenco, le collaborazioni con Nicola Piovani (visione eclettica del canto documentata dal cd Canti Molesti), con Cobelli e Pupi & Fresedde: “Sfuggire alle etichette per essere musicisti tout court fa storcere il naso all’accademia. Parlo soprattutto del mondo della musica contemporanea, che dovrebbe essere aperto e come tale si spaccia, salvo rinchiudersi in un’infinità di “ismi”. E non importa se ogni tua esperienza è suffragata dallo studio, da una grande onestà intellettuale”. Una lezione appresa dal lungo lavoro insieme a Giovanna Marini, nel cui quartetto Breschi milita dal 1990 : “ Giovanna mi ha insegnato che la musica nasce prima di tutto dal vivo, sul palcoscenico. Il prodotto discografico è secondario, è una testimonianza. Non la finalità. E su quel palco ci stai per un solo motivo: comunicare con il pubblico”.
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