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Estratto da: FOLK BULLETIN -
Recensioni -
01/12/2004   Tiziano Menduto
Conosciuta dagli appassionati della canzone di tradizione orale specialmente per la sua appartenenza dal 1990 al Quartetto Vocale di Giovanna Marini, Francesca Breschi in realtà ha affrontato nella sua vita artistica esperienze molto eterogenee. Dalla musica di tradizione orale ad esperienze di teatro-musica, da sperimentazioni di musica elettronica al flamenco, magari collaborando ogni tanto con personaggi come Nicola Piovani e David Riondino. Senza dimenticare le esperienze di musica medievale con l’Ensemble Micrologus, la collaborazione con l’Harmonia Ensemble e ii suoi studi personali del “Combattimento di Tancredi e Clorinda” di monteverdiana memoria. Vi sembrerà strano ma in “Canti Molesti” tutto questo si percepisce. Descritto da Francesca come una “raccolta per la memoria” o come una sorta di canzoniere contemporaneo, “Canti Molesti” raccoglie e intreccia fili incontrati, magari sfuggiti ma mai perduti. Fili che passano attraverso la magica ed esaltante voce di Demetrio Stratos (che nel disco è ricordato attraverso l’esecuzione di due brani degli Area) o che ricordano l’esperienza del Quartetto Vocale (con due brani della Marini) e incrociano Adolfo Broegg, fondatore dei Micrologus Ensemble, con il quale la collaborazione si spinge fino al “travestimento” in chiave elettronica di antiche monodie di brani originali alla ricerca di un linguaggio artistico nuovo. Fili che partono dal passato con frequentazioni di brani di tradizione, come il canto funebre calabrese “Pizzitana” e che giungono al presente con le elaborazioni dei capolavori monteverdiani più recenti. Siamo di fronte solo ad un compendio disomogeneo del passato di Francesca? No, assolutamente no. La disomogeneità, miracolosamnete, non si percepisce: ci accostiamo a Monteverdi, agli Area e a un canto calabro con lo steso orecchio o la stessa interpretazione vocale che fa di Monteverdi, Area e tradizione qualcosa di personale e originale al tempo stesso. Alla qualità della voce fa eco la qualità degli arrangiamenti e delle ambientazioni sonore create, magari qualche volta con un uso eccesivo dell’elettronica ma sempre con una coerenza che ci fa comprendere come la vita di un artista non sia l’incontro casuale di opportunità ma piuttosto un percorso di ricerca, una ricerca verso qualcosa di nuovo.
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